Contro la mercificazione della storia

Nonostante molteplici dilazioni, ieri è stato infine inaugurato il nuovo supermercato di prodotti tipici entro gli ambienti dell’ex Monte di Pietà, all’inizio di via dell’Indipendenza. Una mercificazione speculativa di cui la città poteva fare a meno e di cui tutte le amministrazioni pubbliche, a cominciare dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio (ma non solo) sono parimenti responsabili. Il Comitato B.S.A., insieme alle altre Associazioni culturali cittadine e nazionali, aveva da tempo lamentato l’inidoneità della concessione, tramite comunicazioni formali e pubbliche, e promuovendo anche reportage di stampa (cfr. F. Isman, Quell’avito fabbricato che si fa supermercato, rubrica “La Pagina Nera” di «ArteDossier», n. 368, settembre 2019), sebbene spesso i quotidiani abbiano posto l’accento soprattutto sul fatto (in sé innocuo) che il supermercato venga aperto accanto alla Cattedrale piuttosto che sul ben più grave abuso della dignità storica ed artistica di un edificio antico e, a rigor di logica, tutelato. Niente di illegale, s’intenda; si è fatto in modo che tutto risultasse perfettamente lecito; eppure illecito è il danno morale apportato ad un monumento di grande pregio che ha fatto la storia economica, culturale e perfino artistica della città. Inutile demonizzare la dirigenza Conad, il problema è all’origine, da imputare a tutti coloro (dai privati alle istituzioni) che negli ultimi decenni hanno consentito che ciò accadesse: supermercato, profumeria o lavanderia poco importa, ed in fondo anche qualora fosse stata una libreria sarebbe stato parimenti errato (ma almeno avrebbe dispensato cultura). Riportiamo qui di seguito il breve intervento che lo stesso direttivo del Comitato B.S.A. ha pubblicato ieri sulla propria pagina Facebook, mesto epitaffio per un lungo e triste dibattito:

Sull’apertura del supermercato in via Indipendenza al posto del Monte di Pietà le Associazioni (Italia Nostra, Comitato per Bologna Storica e Artistica e altre) hanno già espresso la loro contrarietà, peraltro senza nessuna risposta da parte delle autorità. Prendiamo atto del collasso della tutela: non ci vuole molto per capire che intervenire limando un po’ il progetto non serve a niente quando è l’intero edificio a subire uno stravolgimento totale e irreparabile. La foto che vi mostriamo con le orrende insegne sotto una scultura del ‘500 diventerà sicuramente un’icona della crisi delle città storiche. Scompare dietro gli scaffali dei pomodori e dei biscotti un edificio con secoli di storia descritto nelle guide e fino a pochi anni fa arredato con opere d’arte di grande pregio (qualcuno ricorderà ancora le visite guidate). Chi avesse la curiosità di vedere come erano gli interni alla fine del ‘900 dovrà fare una ricerca in biblioteca o negli archivi come se la distruzione fosse avvenuta cento o duecento anni fa. Le giustificazioni dello scempio riportate sui giornali (la creazione di posti di lavoro o la difesa dell’edificio da altre speculazioni commerciali) sono così opportunistiche che non meritano neanche un commento. Riassumiamo a futura memoria l’assurdità di collocare l’ennesimo “mangificio” in un edificio storico confinante con la Cattedrale e l’Archivio Arcivescovile; l’assenza di qualunque azione concreta da parte degli amministratori pubblici se non quella di vietare i tavolini all’esterno e le insegne; la resa senza condizioni all’omologazione e a corposi accordi commerciali a danno della collettività che avrebbe il diritto (in teoria garantito dalla legislazione) di vedere tutelata la memoria storica e artistica della città. Senza contare lo sconcerto per l’asservimento a mode commerciali che dureranno al massimo qualche anno. Qualche “evento” pseudoculturale graziosamente concesso dai proprietari cercherà di sanare la ferita ma l’oblio questa volta non scenderà perché il danno tocca nel profondo. Infine, l’intervento diventerà un pericoloso precedente e sarà sicuramente riproposto in altri edifici aumentando lo svuotamento e la desertificazione del centro storico. Qualcuno si ostinerà ancora a dire che a Bologna “certe cose non succedono”?

Purtroppo, infatti, perfino a Bologna si può dire che non sia certo un caso isolato ed è anzi un problema che, poco per volta, comincia a toccare tutti gli enti ed i protagonisti cittadini, a partire dal più che discutibile ingombro di una parte dell’interno della basilica di San Petronio con i banchi dei souvenir e delle guide a stampa, generalmente ospitate nelle sagrestie e qui invece allestite in navate e cappelle. Osservare quel supermercato nel Monte di Pietà fa male almeno quanto vedere, esattamente di fronte, un grande magazzino di fast fashion dentro l’antica e raffinatissima cioccolateria Majani. Esempi virtuosi invero esistono (si pensi all’ormai prossimo restauro del Cinema Modernissimo), Bologna e le sue istituzioni hanno ancora occasione di recuperare la giusta via. Attendiamo fiduciosi…

COMITATO PER BOLOGNA STORICA E ARTISTICA

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