Le Decennali Bolognesi, ovvero gli “Addobbi”
(Tratto dal libro di Giovanni Paltrinieri e Loris Rabiti, La Chiesa Parrocchiale di Santa Maria e San Domenico della Mascarella, XX Decennale Eucaristica – 2013)
Papa Urbano IV nel 1264 con la bolla “Transiturus de hoc mundo”, a seguito del miracolo di Bolsena avvenuto un anno prima, in cui un prete boemo dubbioso della reale presenza di Cristo nell’Ostia ne aveva visto stillare gocce di sangue nella Consacrazione, e ancor più per arginare l’eresia di Berengario che negava la presenza di Cristo nell’Ostia, stabilì di perpetuarne la memoria ogni anno il Giovedì dopo l’Ottava di Pentecoste: in esso la Chiesa Cattolica doveva solennemente celebrare il trionfo del mistero divino.
I papi successivi confermarono quella festa che venne chiamata CORPUS DOMINI; Giovanni XXII nel 1316 vi inserì la solenne processione portando il SS. Sacramento lungo le strade cosparse di fiori, accompagnandolo con inni e canti di esultanza.
A Bologna già verso il XVI secolo alla festa del Corpus Domini partecipavano le Compagnie delle Arti, le Scuole della Dottrina Cristiana, i Monaci, i tre Capitoli (S. Pietro, S. Petronio, S. Maria Maggiore), i Parroci, il Cardinal Legato, il Vice-Legato, il Gonfaloniere di Giustizia, gli Anziani del Comune, i Tribuni della Plebe, l’Università, i rappresentanti di alto grado delle Guardie Svizzere ed altre milizie, il Senato, i Segretari del Reggimento, ecc. Il tutto era regolato da un rigido protocollo che stabiliva le posizioni di ciascun gruppo da tenersi lungo la processione. Il Cardinal Legato o il Vescovo stava sotto il baldacchino e portava il SS. Sacramento, mentre i Priori dei Collegi sostenevano lo strascico. Attorno stavano i Dottori dei Collegi, gli Artisti ed i Leggisti con le torce accese, preceduti dai Bidelli e dai Mazzieri affiancati dai rispettivi Notai.
La devozione eucaristica legata alla Compagnia del SS. Sacramento era stata istituita a Roma, presso la chiesa di S. Maria sopra Minerva, con Bolla di Papa Paolo III nel 1539.
Al cardinale Gabriele Paleotti si deve, nella seconda metà del Cinquecento, una globale riorganizzazione della Chiesa bolognese, frutto della Riforma voluta dal Concilio Tridentino. Fin dall’inizio del suo episcopato egli aveva promosso il culto eucaristico istituendo le Compagnie del Santissimo, disponendo nel 1566 che in occasione della festa le strade interessate alla processione dovessero essere “addobbate” (da qui il termine “Addobbi”), mettendo drappi alle finestre ed esponendo lungo il percorso innumerevoli ghirlande di fiori.
Fu il cardinale Girolamo Boncompagni, arcivescovo di Bologna dal 1651 al 1684, a dare un assetto definitivo al calendario delle Decennali, stabilendo che si scegliessero cinque parrocchie ogni anno per cinque diversi giorni della settimana, con turno decennale. Tale disposizione restò immutata sino alle soppressioni napoleoniche, e alla conseguente riduzione del numero delle parrocchie.
Gli Addobbi costituivano un importante momento di aggregazione parrocchiale e di promozione di un rinnovato spirito religioso, di preghiera e di azioni caritative, che aveva il suo punto focale nella processione che si snodava lungo le principali strade della parrocchia. Ci si adoperava nel miglior modo possibile, con spirito spesso competitivo rispetto alle feste realizzate dalle chiese attigue. Dal più semplice uso dello spargere fiori lungo il percorso, alla costruzione di apparati trionfali con vere e proprie mostre d’arte. Le colonne dei portici erano fasciate con drappi di velluto recanti ricami a motivi religiosi. Per rendere più scenografico il tutto e al tempo stesso per proteggere il lungo percorso dal sole cocente, venivano tesi dei grandi teloni che andavano da un lato all’altro della strada. Tutto era decorato con festoni di alloro e fiori, e sulle finestre, sui balconi, si accendevano la sera candelabri e lumini di cera. Nelle piazzette si alzavano archi posticci con architetture fantastiche, carri allegorici che sottolineavano concetti legati all’Eucarestia e al Santo protettore della Chiesa parrocchiale. All’uscita dalle funzioni e al termine della processione i parrocchiani erano accolti dallo scampanio dei “doppi alla bolognese” eseguiti sul campanile parrocchiale, e ovunque si udiva lo scoppio di mortaretti. Poi la sera per le strade era festa di popolo, si serviva il buon vino locale e la torta di riso, detta per l’appunto la “Torta degli Addobbi”.
Le Compagnie del Santissimo nell’anno degli Addobbi si adoperavano maggiormente per rinnovare gli arredi della chiesa e provvedere ai restauri o abbellimenti di ogni genere, contribuendo parzialmente alle spese, e questuando di casa in casa per il rimanente. Molte delle opere d’arte che vediamo oggi nelle chiese vennero appunto realizzate in quelle grandi occasioni: addobbi di ogni genere, ghirlande floreali in tessuto, archi trionfali scenografici, ricami per le sacre funzioni o da esporre. In occasione di una nuova Decennale le stamperie riproducevano i vecchi santini devozionali e a volte ne creavano dei nuovi. In essi sul fronte era il Santo Patrono, mentre nel verso venivano stampate preghiere e canti da utilizzarsi nel corso delle cerimonie. Se la chiesa in festa poteva permettersi una spesa sostenuta, l’apertura dei festeggiamenti per il Corpus Domini era annunciata con un colpo di cannone, a cui seguivano gli scoppi di centinaia di mortaretti; ad essi seguiva il suono delle “Campane del Pubblico” per tutto il giorno, e nel corso della processione, anche di quella del Duomo. In occasione di certi Addobbi nel corso dei festeggiamenti si correva con quattro cavalli berberi (chiamati barberi dal popolo) per vincere il “Pallio” consistente in sedici braccia di “teletta d’oro”.
Quando ancora non esisteva una regola per dare un turno preciso alle parrocchie era il vescovo che, di anno in anno, faceva una scelta tra le chiese che ne avevano fatto richiesta. Successivamente, la scelta cadde nei cinque giorni dell’Ottava del Corpus Domini, ciascuno per i quattro Quartieri cittadini, così da coprire ogni anno almeno venti chiese parrocchiali.
Lo svolgimento delle processioni generò delle ordinanze circa l’obbligo di pulire le strade interessate al percorso: prima quello relativo alla Cattedrale, poi per emulazione alle altre parrocchie. Secondo il Guidicini fu il Cardinal Legato Giustiniani (1606-1611) a firmare le prime Ordinanze. Successivamente, nel 1648, il Cardinal Legato Fabrizio Savelli ordinò che in detta occasione le strade venissero cosparse di sabbia giallognola, e nel 1697 al 28 luglio il Vicario Generale dell’Arcivescovo decretò che le vie interessate alla processione dovessero essere ricoperte da tele stese longitudinalmente. Tale operazione – è bene ricordarlo – si rendeva necessaria per il pessimo stato in cui si trovavano normalmente le strade a quei tempi, trattandosi in molti casi di percorsi in terra battuta o comunque particolarmente sconnessi.
Dopo l’intervento del cardinale Girolamo Boncompagni dei duchi di Sora, la regola era la seguente: Nei giorni fra l’Ottava del Corpus Domini si doveva fare in Bologna una solenne Processione Eucaristica; tali giorni della settimana erano in numero di cinque in quanto il Giovedì – giorno della festa ufficiale – era svolto obbligatoriamente in Cattedrale; il Sabato era giorno feriale di mercato; la Domenica spettava con Privilegio Apostolico ai Padri di S. Domenico. Dunque per ciascun anno i giorni utili alle processioni parrocchiali nel turno del Card. Boncompagni si limitavano al Venerdì dopo il Corpus Domini, e i successivi Lunedì, Martedì, Mercoledì, Giovedì. Tale turno restò in vigore sino verso il 1670; le parrocchie che rimanevano escluse dall’elenco si affiancavano a quelle vicine, e contribuivano economicamente agli impegni derivanti dai festeggiamenti. Per quanto concerne la Parrocchia di Santa Maria della Purificazione, essa cadeva a quel tempo nel TURNO N. 9 così composto:
Venerdì = S. Leonardo; Lunedì = S. Maria della Mascarella; Martedi = S. Martino della Croce dei Santi; Mercoledì = S. Caterina di Strada Maggiore; Giovedì = S. Martino Maggiore.
Con l’avvento napoleonico la tradizionale abitudine tutta bolognese degli Addobbi subì un drastico ridimensionamento. Con Decreto del 22 giugno 1805 le parrocchie cittadine si erano ridotte a 16, si realizzò dunque un nuovo assetto territoriale del tutto disomogeneo, tanto che l’antico ordinamento ne rimase sconvolto. Almeno i tre quarti delle antiche parrocchie erano state demolite oppure convertite ad uso civile o militare. Nel periodo della Restaurazione Il Cardinal Carlo Oppizzoni, facendo sue le richieste dei bolognesi, il 22 giugno 1817 annunciava il riordino delle processioni, essendo state nel contempo portate a 21 le parrocchie. Dei dieci turni di quell’elenco, al TURNO N. 3 si trovavano S. Domenico, e S. Maria della Purificazione. Il nuovo assetto prevedeva infatti due parrocchie per ogni turno: la prima festa si doveva svolgere la Domenica fra l’Ottava, l’altra il Giovedì, giorno dell’Ottava del Corpus Domini. Soltanto il Turno n. 10 prevedeva tre parrocchie avente la seguente disposizione: la prima festa doveva svolgersi la Domenica fra l’Ottava, la seconda il Martedi, la terza il Giovedì. Tale notificazione stabiliva inoltre che le manifestazioni religiose si sarebbero sempre effettuate nelle ore del mattino, proibendo tassativamente di portarle in altri giorni e in altre ore.
Avvenne poi che con la creazione di nuove parrocchie, e con la consegna di alcune di queste ad Ordini Regolari, il turno delle Decennali venisse notevolmente stravolto, e con esso i giorni delle processioni. Nel 1827 si stabilì che le celebrazioni dovessero essere tutte festive, cioè svolte di Domenica, a cominciare da quella fra l’Ottava della solennità. Tolto ai nostri giorni l’obbligo di Festa nel Giovedì del Corpus Domini, la Metropolitana ha trasportato l’annuale sua processione alla Domenica fra l’Ottava, e così si trovano per necessità a spostare anche tutte le altre, che ora cadono nella 1°, 2°, 3° Domenica dopo l’Ottava. In tempi più recenti – 1927 – si è provveduto ad un aggiornamento generale, modificato inevitabilmente in tempi successivi col sorgere di nuove parrocchie o in conseguenza della soppressione di altre.
TURNO DECENNALE DELLE PARROCCHIE BOLOGNESI AGGIORNATO AL 2013
La Decennale, come abbiamo già avuto modo di vedere, è strettamente legata all’esistenza della Parrocchia che la genera; di conseguenza, venendo a mancare quest’ultima, viene a decadere la prima. Dunque nel tempo molte chiese hanno cessato di essere parrocchie e di conseguenza è venuta a cadere la corrispondente festa decennale; diversamente, specie alla periferia di Bologna sono sorte dal secondo dopo-guerra in poi molte nuove parrocchie, il cui turno decennale coincide molto spesso con l’anno della loro consacrazione.
Il seguente elenco indica la numerazione delle Decennali Urbane Bolognesi aggiornata a tutto il 2013. I Turni Decennali hanno numerazione da “0” a “9”. La Mascarella è inserita nel turno “3”, per questo motivo quest’anno, che contiene il “3” in ultima cifra, celebra la ricorrenza. Sono “Urbane” – oltre a quelle presenti nel Comune di Bologna – anche le località di Casalecchio, Rastignano, Ceretolo, Ponticella e San Lazzaro. Le restanti chiese parrocchiali della Diocesi non riportate nel seguente specchietto sono considerate “del Forese”.
TURNO DECENNALE “0”
San Carlo; Santi Giuseppe e Ignazio; San Bartolomeo della Beverara; Santa Maria del Suffragio; Sant’Antonio da Padova; Sant’Andrea; San Gioacchino; San Giuseppe Cottolengo; Cristo Risorto in Casalecchio di Reno.
TURNO DECENNALE “1”
Santa Maria della Carità; Santissima Trinità; Santi Angeli Custodi; Santi Monica e Agostino; San Lorenzo; Santa Maria della Misericordia; San Severino; Cuore Immacolato di Maria; Santa Lucia di Casalecchio di Reno; Santa Maria e San Valentino della Grada.
TURNO DECENNALE “2”
San Benedetto; Santa Caterina di Strada Maggiore; Santi Vitale e Agricola in Arena; San Martino di Bertalia; San Vincenzo de’ Paoli; San Giacomo fuori le Mura; Santa Maria Annunziata di Fossolo; Beata Vergine Immacolata; San Giovanni Battista di Casalecchio di Reno.
TURNO DECENNALE “3”
Santa Maria e San Domenico della Mascarella; San Procolo; Santa Rita; Santi Francesco Saverio e Mamolo; San Gaetano; Santa Maria Goretti; San Paolo di Ravone; San Martino di Casalecchio di Reno.
TURNO DECENNALE “4”
Santa Caterina di via Saragozza; San Giovanni in Monte; Sant’Antonio di Savena; Sant’Antonio Maria Pucci; San Giacomo della Croce del Biacco; San Donnino; San Giovanni Bosco; Sant’Eugenio; Sacra Famiglia; Santi Antonio e Andrea di Ceretolo; Santi Pietro e Girolamo di Rastignano.
TURNO DECENNALE “5”
San Pietro nella Metropolitana; Beata Vergine del Soccorso; Santi Filippo e Giacomo; Santa Maria Maddalena; Gesù Buon Pastore; Sant’Ignazio di Antiochia; Corpus Domini; San Giuseppe; Santa Maria delle Grazie in San Pio V; Santa Croce di Casalecchio di Reno; San Pio X.
TURNO DECENNALE “6”
San Giuliano; Santa Maria Maggiore; Maria Regina Mundi; San Domenico Savio; Sant’Egidio; San Girolamo dell’Arcoveggio; San Giuseppe Lavoratore; San Ruffillo; Nostra Signora della Pace; San Lazzaro di Savena.
TURNO DECENNALE “7”
Santi Bartolomeo e Gaetano; Sant’Isaia; Sant’Antonio di Padova a La Dozza; Santa Caterina da Bologna; Sacro Cuore di Gesù; Madonna del Lavoro; Nostra Signora della Fiducia; San Silverio di Chiesa Nuova; Cristo Re; Santi Giovanni Battista e Gemma Galgani.
TURNO DECENNALE “8”
Santi Gregorio e Siro; Santa Maria della Pietà; San Cristoforo; Sant’Anna; Santissima Annunziata a Porta Procula; Santa Teresa del Bambin Gesù; Santa Maria Madre della Chiesa; Spirito Santo; Sant’Agostino della Ponticella; San Francesco d’Assisi in San Lazzaro di Savena.
TURNO DECENNALE “9”
San Martino; San Paolo Maggiore; Santi Savino e Silvestro di Corticella; Santa Maria Lacrimosa degli Alemanni; San Michele in Bosco; Santa Maria Assunta di Borgo Panigale; San Luca Evangelista.
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AVVERTENZE D’ARTE PER GLI “ADDOBBI”
COMITATO PER BOLOGNA STORICO – ARTISTICA
Ai Signori Capi–mastri – Decoratori – Imbianchini – BOLOGNA
Il nostro Comitato, di cittadini che amano il decoro artistico della città e il rispetto di quante antiche cose danno a Bologna un carattere speciale storico, è sempre persuaso che nei rinnovamenti decennali, degli Addobbi, si deve agire anche dai capi-mastri, decoratori, imbianchini con molta avvedutezza per non guastare le cose d’arte e per riparare anzi ai guasti e agli errori commessi altre volte.
Le sollecitudini del nostro Comitato per migliorare i tinteggiamenti e promuovere ristauri sensati nelle case non furono senz’effetto nei decorsi anni; e dobbiamo ringraziare i parecchi capi-mastri, decoratori e imbianchini che coadiuvarono gentilmente il Comitato e ne chiesero i buoni consigli.
Anche quest’anno il Comitato si tiene a loro disposizione per essere consultato nei casi speciali, ma fin d’ora crede utile diramare alcune avvertenze.
1. Il colore tradizionale che ha Bologna nelle sue vie e nelle sue case, notato come una caratteristica dai viaggiatori, dagli artisti e dai poeti, e cioè le tinte calde, colorate, rossastre ariose, devono essere rispettate. Meglio è ripetere le vecchie tinte, che mutarle per desiderio capriccioso di novità o di moda in tinteggiamenti grigi o freddi o fanghigliosi i quali sono assolutamente da bandirsi.
2. In tutte le case intonacate che hanno carattere architettonico per esempio del settecento, e sono molte, si consiglia di ricercare colle raschiature le primitive tinte, di campionarle con diligenza e di ripeterle. E questo dicasi tanto pei muri, quanto per gli ornati a rilievo, quanto pei cornicioni di legno o di materiale che essi sieno.
3. Si consiglia di non inverniciare a biacca o tinte chiare o di porporina le inferriate dei piani-terreni nelle vecchie case; ma di nero opaco.
4. Si prega di non intonacare le case antiche che trovansi ora a muro scoperto o perché furono costruite così o perché l’antico intonaco, che era quasi sempre dipinto a ornati, è col tempo caduto.
5. Si prega di non tinteggiare di nuovo a calce le case vecchie che erano sagramate, ma di lavare anzi le sagramature dai residui di imbianchiture; di acconciare la sagramatura e farne pulizia con una mano di olio cotto, olio di lino, terra rossa e terra d’ombra in debite proporzioni, in guisa che ne risulti un tono forte, non molto brillante e senza luccicore di verniciamento.
6. Si consiglia dove sono negli archi dei portici o alle finestre ornati in terra cotta del quattrocento, di lavare le terre cotte con diligenza dalle grossezze di calce o di vernici e di tinteggiarle ad olio in rosso scuro smagrando la vernice con acqua ragia.
7. Si consiglia, nelle colonne o nei pilastri ottagoni in laterizio dei portici del quattrocento, di ricercare se originariamente erano di fina costruzione, nel qual caso sarebbe bella osa togliere gli intonachi fatti più tardi per negligenza, e ristaurare con diligenza il laterizio dove appare guasto e fare pulizia dei detti piloni ottagonali o colonne con una o due mani di olio, in rosso, come sopra si è detto, per le terre cotte.
8. Per gli stipiti di porta o pei capitelli in macigno, che siano del quattrocento o cinquecento, si consiglia di non rinnovare i verniciamenti o i tinteggiamenti a calce; di nettare dalla grossezza di vernice o di calce gli ornati con istecche di legno, brusche e dissolventi; di lasciarli a materiale scoperto, al più proteggendoli con una mano di silicato di potassa.
9. Si avverte che sarebbe pessima idea di ristauro nelle case del quattrocento, che mostrano le traccie delle antiche finestre, variare di queste il numero, le distanze e le ampiezze per ragioni di comodità: In tali casi meglio è abbandonare il desiderio di uniformare lo stile dell’edifizio, meglio lasciare come sono le traccie delle antiche finestre otturate, e mantenere per servizio di luce le finestre d’altro stile aperte col tempo in sostituzione delle antiche.
Si consiglia di non mettere a cortina scoperta di mattoni col ferro i palazzi e le case del cinquecento, del seicento e del settecento, come purtroppo taluno fece. Tal modo di finitura dei muri è affatto contrario all’architettura e alle tecniche murarie di quei secoli qui in Bologna, e riesce talmente ad oscurare il carattere storico di quelle costruzioni da farle credere costruzioni recentissime condotte in istili antichi più tosto che costruzioni antiche debitamente risarcite dai guasti del tempo. Per codesti edifizii devesi rinnovare caso mai il primitivo finimento o a sagramatura lisciata o ad intonaco secondo le traccie, che quasi certamente non vi mancano per chi le ricerchi.
Si prega di rispettare e non toccare nei muri e nelle terre cotte nelle case del quattrocento la patina data dal tempo; uguagliando solo con patinature artificiali o velature i tratti di muro o di ornato che si dovessero rifare, al colore dell’edificio, evitando di ripassare tutto l’insieme.
Avvertasi che in talune case del quattrocento o del cinquecento si può riscontrare che erano tinteggiate di rosso molto abbrunato dal tempo, dato a buon fresco sopra leggero intonaco, coi corsi della mattonatura indicati a pennello in bianco di poco corpo.
Ora quando si trovassero tali intonachi così dipinti, ma coperti e guasti da successivi tinteggiamenti più moderni, sarebbe ottimo provvedimento lavare questi tinteggiamenti moderni per rimettere in vista l’antico intonaco dipinto. Per tale modo un certo numero di case della Rinascenza può essere ricondotto all’aspetto conveniente allo stile dell’epoca.
E’ da evitarsi nelle case del quattrocento o cinquecento intonacate, ogni tinteggiamento pittoresco a mattoni dipinti di vari colori, come taluno fece. Un fondo di rosso coi corsi indicati in bianco è il solo modo di finimento dipinto che sia confortato da esempi antichi per la nostra Bologna.
Nell’offrire questi avvertimenti e questi consigli, frutto di lunghi studii e di molto amore, a quanti per l’arte loro del muro o della decorazione trovansi così spesso arbitri della storia o del decoro delle vie pubbliche cittadine, noi ci offriamo personalmente quasi come amici e colleghi, pronti a migliori e più speciali spiegazioni.
Comm. GAETANO TACCONI, Presidente
Conte Comm. FRANCESCO CAVAZZA, Vice-presidente
Cav. Dott. ADOLFO MERLANI, Cassiere – FULVIO CANTONI, Segretario
Dott. LODOVICO FRATI – Conte Cav. PROCOLO ISOLANI – Cav. ALFONSO RUBBIANI – Prof. Cav. ANTONIO SILVANI – Prof. ALFREDO TARTARINI, Consiglieri